Sul tema del diritto alla casa c’è bisogno di una grande svolta. Sia in termini di strategie nazionali che, prim’ancora, di scelte “culturali” del paese. Del resto le classi dirigenti italiane per molto, troppo tempo hanno ritenuto che la questione dell’abitare potesse essere ignorata. A guardare bene questo è quel che è accaduto in una nazione che ha avuto nel cosiddetto “Piano Casa” di Amintore Fanfani (Fanfani!) e negli atti successivamente ad esso riconducibili, l’ultimo passo significativo in materia.
Ciò si è verificato per molteplici fattori ma si è tradotto nel tempo in un’unica vera filosofia di fondo. Quella secondo la quale, alla fin della fiera, la questione della casa fosse demandabile al gioco tra domanda e offerta, alle dinamiche del mercato e a quote residuali di “case popolari”. Le ragazze e i ragazzi che hanno deciso di piantare le loro tende di fronte a numerose università italiane hanno, con una forza inattesa, rimesso al centro un tema rispetto a cui il nostro Paese si è allora mostrato colpevolmente incerto.
Invece di giudicare la linearità dei loro comportamenti, come taluni han fatto, si dovrà cambiare radicalmente rotta alle politiche. E lo si dovrà fare – lo ha ricordato in modo molto netto Elly Schlein già da prima della sua elezione – ribadendo alcuni concetti ineludibili.
Il primo è che molta gente – certamente non solo gli studenti universitari – non ce la fa. Con i prezzi che corrono e il semplice costo degli affitti e l’offerta pubblica di case per tutti non adeguata, molti, troppi cittadini non riescono, infatti, a trovare soluzioni dignitose e questo accade in particolare nelle aree urbane più attrattive che vivono una dinamica paradossale: attraggono per quel che possono offrire e respingono per quel che non riescono a garantire. Intendiamoci: non è un fenomeno solo italiano, e ce lo ricorda la Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021 sull’accesso a un alloggio dignitoso”, ma, di certo, da noi la situazione si presenta come altamente critica.
Anche per questo gli amministratori – sindaci ed assessori – delle grandi città hanno dato vita in questi mesi ad «un’alleanza municipalista per una politica nazionale sulla casa». I punti principali identificati dall’alleanza riguardano capitoli essenziali.
Li riporto schematicamente: 1) la necessità di una legge quadro sull’Edilizia Residenziale Pubblica e sociale, 2) l’assegnazione gratuita ai Comuni degli immobili di enti statali e parastatali inutilizzati (e il sindaco di Bologna, Lepore, in questi giorni ha avviato ulteriori iniziative sul punto), 3) il rifinanziamento del Fondo sostegno affitti, 4) una legge nazionale di regolamentazione delle piattaforme turistiche, 5) l’introduzione di una misura nazionale che riconosca strutturalmente l’emergenza abitativa e in particolare la questione rappresentata dalle necessità delle persone senza fissa dimora.
Questa filosofia, la cui urgenza è sollecitata a più riprese da organizzazioni sindacali e del terzo settore, va nella direzione di rafforzare il protagonismo pubblico per la casa ed è l’opposto rispetto a quanto praticato dal governo Meloni, governo riuscito nel miracolo di azzerare il fondo sostegno affitti e il fondo morosità incolpevole invece di irrobustire e magari migliorare strumenti potenzialmente utili.
Una nuova politica della casa, inoltre, sarebbe anche molto molto altro. C’è infatti una parte di mondo di operatori privati o di esperienze legate alla cooperazione che può condividere con il pubblico un grande interesse: operare per il diritto alla bellezza e alla socialità per tutte e per tutti e intervenire per il recupero e la riqualificazione, anche energetica, degli immobili agendo inoltre per riutilizzare nelle città gli spazi “vuoti” e non più utilizzati. Ovviamente tutto questo si dovrebbe realizzare partendo dalla messa all’indice degli esempi più negativi. Penso, giusto per citare quello che ho davanti agli occhi, ai 15mila appartamenti vuoti di proprietà di regione Lombardia, lasciati a sé stessi e nel degrado proprio nel tempo in cui esplode la questione abitativa.
Del resto la sfida del diritto alla casa è una sfida che forse come nessun’altra coniuga giustizia sociale e giustizia climatica.
Pierfrancesco Majorino